L’aria odorava di scirocco e Mingo la sentiva.
Ne afferrava l’essenza.
Mingo sapeva distinguere i venti e come ogni buon contadino, e marinaio, li conosceva e sapeva descriverli con poche parole.
Mingo quel pomeriggio, all’uscita dal cimitero, si era diretto verso il belvedere sulla piazza del paese.
Si fermò sul bordo del muraglione, immobile come colpito da un sortilegio. E osservava, sorpreso.
Gli sembrava di essere in quel posto per la prima volta. Eppure, lì c’era nato, era un paesaggio che conosceva. Conosceva bene i tratturi, la vegetazione, i pericoli.
Conosceva gli alberi e i loro frutti, raccolti di nascosto. Ma era come se vedesse tutto quello per la prima volta.
Alle sue spalle una piazza, una di quelle antiche, nate insieme al borgo.
Una chiesa, il ricordo di un castello, l’ombra di una torre e un reticolo di case piccole bianche con il tetto di tegole.
E sul belvedere, Mingo sentì lo scirocco arrivare.
L’aria sapeva di stoppie arse e di polvere di terra. Portava con sé il colore rosso caldo dei peperoni e dei pomodori messi ad essiccare.
Lo conosceva quel retrogusto zuccherino dei fichi ormai maturi e ci conviveva.
Al suo arrivo, il mondo all’improvviso si placava e nei borghi il silenzio veniva spezzato dai maschi delle cicale che con il loro frinire frenetico innalzavano canti di corteggiamento.
Lo scirocco evitava le madonne, i santi e i signori al riparo nelle loro dimore.
Conosceva le parole dei poeti e le voci dei migranti.
Si posava sul sudore della fatica. Riscuoteva il rispetto dei pescatori, della diffidenza degli agricoltori e il timore degli anziani.
Il mare si placava, l’uva soffriva e gli aranci resistevano.
Nella testa di Mingo il passato incalzava imperioso.
«Occhio a quando mena lo scirocco!»
«Apri gli occhi!»
«Ritirati a casa!»
Mingo lo aveva sentito ripetere tante volte, soprattutto da ragazzo. Soprattutto dalle donne.
Si infila sottopelle dolcemente, lo scirocco! Proprio come le spine dei fichi d’india.
Guai se ti prende dentro!
Ti trascina con sé e si insinua tra i ricordi, tra le speranze, nei sentimenti.
È il vento dei folli, dei visionari, degli innamorati.
È il vento degli sciroccati.
Quel pomeriggio, sul belvedere dove lo sguardo diventava vento e i pensieri aria, Mingo sentì appieno il sapore dello scirocco e le voci che trasportava.
Brano tratto dal libro “Mondo è stato e mondo sarà ” di Giuseppe Melillo, edizioni Hermaion 2020.
Musica di Pippi Dimonte- Grancìa , tratto dall’album Majara
Voce Andrea Tosi
Concept Mario Raele
Produzione RVM broadcast & content creation